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Inchieste

D’Antonio di Fare Democratico e il destinatario dell’audio Whatsapp replicano all’inchiesta di Minformo

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SANT’ANTIMO – In merito alla nostra inchiesta video pubblicata stamattina sul nostro quotidiano online Minformo.com (leggi, guarda e ascolta qui) la nostra redazione è stata raggiunta da chi, con molta probabilità sia stato il destinatario del file audio generato dal candidato consigliere regionale Edoardo D’Antonio, tale Raffaele Cesaro che anche attraverso le proprie pagine Facebook dichiara: “In poche ore sono diventato l’attacchino più famoso di Napoli Nord grazie ad un file audio che sta girando: scherzi a parte😁, provo a chiarire quanto è accaduto per evitare polemiche inutili che non fanno bene ai nostri territori.

Alcuni organi di stampa – continua il destinatario del file audio – stanno facendo girare, in modo improprio, un messaggio che un caro amico di famiglia, Edoardo D’Antonio, candidato alle prossime regionali, mi ha inviato in privato e con toni puramente scherzosi in merito ai manifesti da attaccare in città. Non posso che ammettere i miei errori: per pura leggerezza, e sempre per scherzo, ho inviato il messaggio ad un altro candidato locale, anch’egli alle regionali. Dopodiché questo audio – a mio parere – è stato strumentalizzato per fare battaglia politica, cosa che fa male al nostro territorio e a me in primis per aver commesso questa leggerezza in modo del tutto amichevole e confidenziale.
Chiedo scusa ad Edoardo per l’accaduto e spero che la politica la si faccia sui temi e non su altro”.

Il post di Raffaele Cesaro, marito dell’assessora Teresa Pedata, viene immediatamente condiviso dal protagonista della vicenda Edoardo D’Antonio che sul cappelletto tiene a precisare: “Basta “attaccarsi” ai manifesti, discutiamo sui temi. La mia, la nostra, è una richiesta semplice: ragioniamo sulle proposte, sulla politica vera. Insomma, quello che da sempre proviamo a fare. Perché a perderci è il nostro territorio, e non possiamo permetterlo. Accetteremo sempre le critiche politiche, siamo da sempre aperti al confronto, però vorremmo che il rispetto delle persone sia al primo posto: la strumentalizzazione a proprio uso e consumo non può che penalizzare ogni tipo di confronto”.

Ad onor di cronaca e con lo stesso spirito che contraddistingue il modus operandi della nostra redazione, teniamo a precisare che l’audio è arrivato in nostro possesso non da un addetto ai lavori, evidentemente anche se il primo inoltrato, come asserisce il Cesaro sia stato un antagonista del D’Antonio, con molte probabilità lo stesso abbia sentito il bisogno di condividerlo con parenti e amici e da lì l’audio è cominciato a diventare virale fino a finire tra le nostre mani, quindi ci teniamo a precisare che attraverso la nostra testata non è stata fatta alcuna speculazione elettorale e l’inchiesta è partita in modalità fisiologica visto che di “reato etico” si possa parlare tranquillamente, poiché, checché ne dichiarano i protagonisti, nell’audio ascoltato e sotto riproposto si sente un tono tutt’altro che scherzoso. Per questo prendiamo atto delle dichiarazioni dei protagonisti poiché il dovere di cronaca ci “impone” che si dia voce a tutti in maniera democratica ma ciò non toglie di denunciare, sempre attivamente, tutto quello che secondo la nostra linea editoriale, appare poco etico e fuorviante. Tanto Vi dovevamo.

Inchieste

Ancona, scoperta maxi frode fiscale da 2 miliardi di euro: i dettagli

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La Procura e la Guardia di Finanza di Ancona hanno scoperto una maxi frode fiscale da 2 miliardi di euro, che coinvolge ben 140 società fantasma.

L’operazione sarebbe partita da alcuni laboratori di confezione gestiti da cinesi nella provincia di Ancona, dove è stata scoperta una rete di società cartiere responsabile dell’emissione di fatture false per circa 150 milioni di euro, con un’evasione di circa 33 milioni di euro di Iva.

In particolare, le modalità adottate avrebbero assicurato agli imprenditori coinvolti l’immediata disponibilità del profitto della frode fiscale. Pertanto, le Fiamme Gialle di Senigallia hanno portato alla luce una rete di ulteriori 140 imprese esistenti solo sulla carta, domiciliate in luoghi improbabili se non ad indirizzi inesistenti.

Ebbene, queste aziende hanno emesso fatture false per un miliardo e 700 milioni di euro nel giro di soli due anni. Inoltre, sono stati eseguiti più di 30 provvedimenti di perquisizione e analizzati, sequestrati e bloccata l’operatività di 1.569 conti bancari, con l’impiego di 100 uomini nelle attività di perquisizione che hanno interessato le località Milano e provincia, Roncello (MB), Gallarate (VA), Montirone (BS), Firenze e provincia, Padova e Vittoria (RG).

Al momento, sono finiti sotto sequestro 350 milioni di euro e gli indagati sono 85.

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Appalti Rione Terra: concessi i domiciliari a Nicola Oddati, ex dirigente della Regione Campania

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Il Gip del Tribunale di Napoli ha concesso gli arresti domiciliari per Nicola Oddati, ex dirigente della Regione Campania nonché ex assessore comunale di Napoli dal 2001 al 2011, arrestato lo scorso 15 gennaio nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti al Rione Terra.

Pertanto, anche il legale dell’ex sindaco di Pozzuoli Vincenzo Figliolia ha presentato istanza per ottenere gli arresti domiciliari. Infatti, i due politici sono tra i destinatari di un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali nei confronti di 11 persone gravemente indiziate, a vario titolo, dei reati di concorso in turbata libertà degli incanti, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e traffico di influenze illecite.

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Milano, disposto il Commissariamento per l’azienda di alta moda Alviero Martini

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Guai seri per l’azienda dell’alta moda Alviero Martini S.p.a., specializzata in borse e accessori, visto che stamane la Sezione Autonoma misure di prevenzione del Tribunale di Milano ha disposto l’amministrazione giudiziaria, nell’ambito di un’inchiesta dei carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro.

In particolare, l’azienda è “ritenuta incapace di prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo nell’ambito del ciclo produttivo”. Infatti, sarebbero stati massimizzati i profitti usando opifici cinesi e facendo ricorso a manovalanza in nero e clandestina.

Secondo i primi accertamenti, l’impresa non avrebbe “mai effettuato ispezioni o audit sulla filiera produttiva per appurare le reali condizioni lavorative e le capacità tecniche delle aziende appaltatrici, tanto da agevolare (colposamente) soggetti raggiunti da corposi elementi probatori in ordine al delitto di caporalato. E’ stato accertato che la casa di moda avrebbe affidato, mediante contratto di appalto con divieto di sub-appalto senza preventiva autorizzazione, l’intera produzione a società terze, con completa esternalizzazione dei processi produttivi”.

Tuttavia, “le aziende appaltatrici avrebbero solo nominalmente un’adeguata capacità produttiva e avrebbero potuto competere sul mercato solo esternalizzando le commesse ad opifici cinesi, i quali riescono ad abbattere a loro volta i costi grazie all’impiego di manodopera irregolare e clandestina in condizioni di sfruttamento”.

Nelle indagini dei carabinieri partite da settembre 2023, sono state effettuati accertamenti sulle modalità di produzione, confezionamento e commercializzazione dei capi d’alta moda, procedendo al controllo dei soggetti affidatari degli appalti nonché dei sub-affidatari non autorizzati, costituiti esclusivamente da opifici gestiti da cittadini cinesi nelle province di Milano, Monza e Brianza e Pavia.

Inoltre, gli otto opifici sottoposti a controllo sono risultati tutti irregolari, e in essi sono stati identificati 197 lavoratori di cui 37 occupati in nero e clandestini. Negli stabilimenti di produzione effettiva e non autorizzata “è stato riscontrato che la lavorazione avveniva in condizione di sfruttamento (pagamento sotto soglia, orario di lavoro non conforme, ambienti di lavoro insalubri), in presenza di gravi violazioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro (omessa sorveglianza sanitaria, omessa formazione e informazione), nonché ospitando la manodopera in dormitori realizzati abusivamente ed in condizioni igienico sanitarie sotto minimo etico”.

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